Sembra una cosa scontata, tutti lo facciamo, tutti i giorni.
Discutiamo e confrontiamo le nostre idee.
Eppure una cosa così semplice, sempre più spesso ci porta a litigare, a chiudere la porta in faccia, virtuale o reale che sia.
L’ultima volta mi è successo ieri su Twitter, una conversazione con un utente che in sostanza la pensava come me: mi ha bloccata (che nel mondo di Twitter cortisponde a chiudere la porta in faccia).
Parlavamo di sessismo, argomento a me molto caro, mi impegno ogni giorno per la parità di genere, perchè il genere di un individuo non sia una discriminante: mai.
Anche l’utente lo pensava, ma… secondo me poneva troppa attenzione sl ruolo femminile del sessismo, riducendo la questione a una guerra tra sessi: maschi cattivi contro femmine buone, maschio oppressivo, contro femmina oppressa.
In sintesi il mio pensiero: gli stereotipi di genere rinchiudono in delle gabbie che incarcerano tutti, alcuni riescono a stare là dentro a proprio agio, altri soffocano, ma questo non dipende dal genere, ma dall’indole, dal carattere, dalla personalità e infine dalla storia dell’individuo, ripeto, non dal genere.
L’utente in questione non ha voluto neppure per un attimo provare ad analizzare la questione prendendo in esame gli effetti e poi cercando le cause in modo obiettivo: aveva il suo colpevole il maschio eterosessuale bianco.
Ora quello che io mi chiedo è, da donna che per sua natura si è sentita soffocare nello stereotipo di cui sopra e che per uscire da quella gabbia si è dovuta far polvere e faticare per rimodellarsi, come posso volere che un uomo possa subire quello che ho dubito io, non per (de)merito ma per nascita.
La discussione purtroppo si e bruscamente interrotta con offese neppur troppo velate alla mia persona (offese che srmpre determinano chi le muove e mai chi le riceve) e con il blocco da parte del mio intetlocutore al mio profilo.
La domanda che mi pongo e che vi pongo è: perchè discutiamo?