Jane Eyre – Charlotte Bronte

Era il 1847 e Charlotte Bronte scrive un capolavoro: Jane Eyre.

Innumerevoli i piani di lettura che offre il romanzo, innumerevoli gli spunti di riflessione.

Ambientato in età vittoriana restituisce usi e costumi dell’epoca tinteggiati di modernità ed emancipazione, il tutto con uno stile travolgente.

Un romanzo di formazione che non lascia spazio al pietismo o alle recriminazioni, Jane accetta la sua condizione senza distribuire colpe (al fato? Alla sfortuna? A Dio?) e da lì parte, come un abile giocatore sa che quelle carte sono solo l’inizio della partita.

Conosciamo Jane bambina, orfana a casa di una zia e dei di lei figli, imposta e non accolta, sopportata e non amata.

In questa prime pagine ciò che più appare chiaro è il temperamento di Jane, il suo senso di giustizia e l’oppressione che quattro mura, per quanto delimitino una superficie ampia, possono incarnare.

Scendendo in profondità, senza fermasi al piano narrativo, seppur coinvolgente, troviamo la rappresentazione, che poi si farà critica nel proseguo del romanzo, della società vittoriana: regole ferree, disciplina, moralità, spesso seguite in modo devoto, ma in contrasto con i sentimenti più profondi, spesso meschini, repressi e soppressi, che esplodono in tutta la loro forza in punto di morte, quasi per lavarsi da ogni peccato di fronte ad essa.

La descrizione della casa degli zii, (lo zio che aveva accolto Jane è morto, ma in qualche modo continua ad abitare la casa e a condizionare gli eventi) seppur non così pedissequa come in altri momenti del romanzo, trasmette l’angoscia, la paura, l’oppressione che Jane prova in quella che ad una lettura più moderna è a tutti gli effetti una situazione abusante.

L’occhio del lettore moderno non può non cogliere quella che è violenza domestica; deve staccarsi dal racconto; il cui narratore interno è non onniscente, è Jane stessa a raccontare eventi passati che sembrano essere stati metabolizzati e propedeutici ad una felicità che si percepisce dal tono sempre rassicurante e protettivo.

Questo punto di vista permette non solo di empatizzare con Jane, ma anche di sospendere il giudizio su quelle che saranno le vicende che seguiranno.

Il piano di lettura psicologico è senza dubbio quello che più affascina, perché permette di attualizzare la lettura che appare senza tempo, è ambientata in Inghilterra nell’età vittoriana ma potrebbe essere ovunque, i personaggi, sia i protagonisti che quelli secondari sono tridimensionali, hanno il loro vissuto che li determina e che determina le loro azioni, nulla appare forzato, nulla appare funzionale alla trama, ma la trama si svolge con i fili che ha a disposizione.

Jane è al di fuori fuori della società che l’opprime, non la percepisce, ama Dio e segue gli insegnamenti di Cristo.

Conosce il bene e il male, non accetta compromessi, conosce una strada e quella seguirà sempre.

Non voglio dilungarmi in una analisi tediosa, il mio intento è di spingervi a leggere questo capolavoro, classico e moderno allo stesso tempo, capace di trascendere i tempi e di essere attuale anche oggi.

Iniziare a conoscere Jane è voler essere con lei, è voler essere lei, essere cieca, ma allo stesso tempo certa e sicura di se stessa, essere così solida grazie a delle fondamenta costruite in solitudine, bastando a se stessa e riuscendo a fortificarle riconoscendo in alcune persone i propri valori e con esse instaurare rapporti duraturi e forti.

Tutta questa quantità di emozioni e azioni sono raccontate con un stile così lieve e coinvolgente, così ricco di particolari e descrizioni che permettono di guardare delle immagini non delle lettere, sembra di fluttuare su quei campi innevati, su quelle colline e in quei roseti.

Una lettura consigliata sopratutto in questo periodo in cui le donne cominciano a capire di essere oppresse da una società patriarcale; è di grande conforto sapere che già un secolo fa le poche donne alle quali era permesso studiare e comprendere la realtà che avevano intorno la considerassero sbagliata e oppressiva.

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