La passeggiata settimanale: Il lavoro non è un valore

Buon lunedì a tutti,

mi piacerebbe ogni settimana scrivere qualcosa che non tratti di medicina in senso stretto, ma condividere con voi qualche mia riflessione su argomenti che spaziano nei meandri dello scibile umano.

Non ho verità, né voglio averne, ma capita spesso di riflettere e di cercare di capire il perché di certi comportamenti e di certe convinzioni che,mi rendo conto,vanno a gravare sulla qualità di vita delle persone in generale.

Fin da piccola sono stata circondata da persone che ritenevano che il lavoro fosse una virtù, quasi, ma in ogni caso un valore: il solo fatto di lavorare ti rendeva una persona migliore.

Sono cresciuta con questa convinzione fino quasi a renderla parte di me, fino ad identificarmi con esso, ma ho sempre cercato, inconsciamente di fare della mia passione la mia fonte di sostentamento, ma fino a pochi anni fa capivo e approvavo che, pur facendo un lavoro non proprio coincidente con la propria passione, fosse un valore trascorrere otto ore a fare cose che non piacciono per portare dei soldi a casa.

Crescendo ed entrando in quello che è il mondo del lavoro, attingendo da quelle nozioni apprese nei lunghi mattini liceali, ho iniziato a capire che il lavoro non rende iberi, il lavoro ti obbliga a vendere la cosa che più preziosa abbiamo al mondo: il tempo.

E’ stato grazie ai miei pazienti e un po’ anche grazie al continuo e incessante parlarne di mio fratello, anarchico convinto, che ho iniziato a capire che la maggior parte delle persone lavora per necessità,  perché ha bisogno di soldi e che se potesse se ne starebbe a casa a godersi ciò che più gli piace, partner, computer, libri, cucina e figli.

E’ una riflessione stupida e banale, ma se questo è lapalissiano, perché la società civile giudica in modo negativo colui che pur mantenendosi (aiutando i genitori, affittando case comprate o ricevute in eredità, investendo i risparmi modo fruttuoso o anche lasciando che il partner faccia della sua passione fonte di reddito) non lavora?

Il lavoro secondo me dovrebbe essere percepito come un male necessario causato dal modello economico in viviamo, in cui il profitto è individuale e non viene restituito alla comunità; il lavoro fa si che qualcuno dia un valore al nostro tempo e molto spesso, a quel che sento quel valore è di molto inferiore a quello che il proprietario gli attribuisce.

Quindi mi chiedo e vi chiedo: quando il lavoro da necessità è diventato un valore?

9 Risposte a “La passeggiata settimanale: Il lavoro non è un valore”

  1. Ognuno dovrebbe fare gratis le cose che sa fare meglio e che gli riescono naturalmente o semplicemente. Farsi pagare per il resto, per tutto quello che gli si chiede di fare perché è necessario, ma per il quale impiegata risorse mentali o fisiche che non sono congeniali alle sue attitudini+

    1. Stai ipotizzando un mondo in cui ognuno fa la sua parte di lavoro e viene pagato solo per ciò che non gli piace? Per esempio io faccio il medico perchè mi piace, ma mi viene assegnato anche il compito si fare la cameriera (lavoro che non mi piace per nulla) e vengo pagata solo per quello?

  2. Discussione assai interessante e argomento affrontato da un punto di vista che non avevo considerato. In effetti io, senza nessuno da mantenere se non me stesso, considero il lavoro una necessità, quello che mi permette di vivere. Non un valore quindi, più una merce di scambio. Al proposito posso riportare una frase piuttosto conosciuta di un uomo politico altrettanto conosciuto:
    “Quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui, che però ti tolgono il tempo per vivere”.
    È una visione che condivido ma al tempo stesso ci sono situazioni in cui considero il lavoro un valore: penso a mio padre, a come ha potuto mantenere col suo lavoro (è l’aiuto in casa di mia madre ovviamente) una famiglia, a costruirsi una casa che ora ad esempio è abitata anche da sua nipote. In quel caso il lavoro io lo vedo anche come valore, perché indipendentemente da quanto possa essergli piaciuto (era un muratore, non proprio un lavoro leggero) ha permesso tutto questo.
    Sul perché la gente consideri negativamente chi si mantiene senza un lavoro (inteso come retribuzione di una prestazione d’opera), secondo me è soltanto per invidia 😀
    Boh, mi sa che sono andato fuori tema, comunque era interessante la discussione e volevo intervenire, almeno in questa, dato che di medicina non so nulla 😉

    1. Assolutamente no, non sei fuori tema, anzi!
      Quello che ha fatto tuo nonno ha senza dubbio un valore immenso, perchè ha amato, protetto e dato un futuro alle persone che amava.
      Il valore, in questo caso, secondo me, è il senso di responsabilità, l’amore, la lungimiranza, la forza d’animo che tuo nonno ha avuto.
      Il fatto che abbia dovuto mettere in pratica tutto questo attraverso il lavoro e il denaro che questo fa guadagnare è solo un mezzo!
      Insomma quello che sto cercando di dire è tuo nonno aveva dei valori perchè era lui ad essere una bella persona, non perchè lavorava!

      1. Okay, messa così suona bene 😀
        Quindi diciamo che non è il lavoro ad essere un valore ma può esserlo il motivo che ci spinge a cercarlo. Perché uno può portare avanti i propri valori (esempio mantenere la famiglia) anche senza un lavoro propriamente detto. Sì, mi convince

        1. Io lo credo fortemente. Quello che sta accadendo è che il lavoro ti determina e se non lavori, in automatico, sei un parassita.
          Sento troppo spesso persone “ringraziare” per avere un lavoro (chi poi? Il datore di lavoro? ) e non per riuscire ad ottenere abbastanza soldi per fare ciò che si ritiene importante.
          Io vorrei che ogni ragazzo fosse spinto a fare della sua passione la sua fonte di guadagno e non il contrario!

  3. Lavoro implica retribuzione, anche in natura. Sennò è passatempo. Vero, la società progredisce anche con scoperte fatte extralavoro, e ci si può arricchire anche extralavoro, sicuramente. Di solito però è sul lavoro che si dispone delle risorse migliori a tal dine. Lavorare, ripeto, è un dovere, è necessario, serve a vivere, a migliorare, a produrre ricchezza per sé e per gli altri: ha dei valori in sé, ma non è valore in sé.

  4. Il lavoro ha un valore. Serve a vivere, serve a far progredire la società, è indubbio. Serve perché ciascuno faccia la sua parte nella vita secondo le sue abilità, che possono essere anche semplicemente quelle di fare rendere cespiti, cosa non denigrabile e che non è sintomo di puro parassitismo sociale.
    Insomma, lavorare è importante, indispensabile, gratificante, è giusto fare bene quel che si deve e portare a casa la giusta mercede per quel che si è prodotto in quantità e/o qualità.
    Ma io resterò sempre dell’idea che si lavori per vivere e non si viva per lavorare. Il lavoro ha un valore, è portatore di valori, indubbiamente, ma i veri valori sono altri, sennò si diventa lavoro-dipendenti trascurando appunto i veri valori.

    1. Da quello che scrivi sembra più che il lavoro sia necessario, ma non un valore essenziale.
      Chiameresti lavoro un’occupazione che non sia retribuita?
      Voglio dire quando, per esempio, il gioco del pallone passa da hobby a lavoro?
      Quando c’è uno scambio di soldi.
      La società può progredire anche senza che ci sia chi lavora e chi si arricchisce, anche attraverso la responsabilità del contribuire di ognuno alla sua crescita, senza obblighi e imposizioni.
      Oppure pensi che affinchè questo avvenga sia necessario il lavoro come lo intediamo oggi?

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